Morte come una porta alla vita
Introduzione
Abbiamo 4 settimane e 4 giorni di quaresima ormai dietro di noi. 32 giorni. Quando ho fatto la maratona in Galilea mi ricordo che fino al km 30 è andato tutto bene, ma poi proprio km 32 e 38 erano molto critici. Questa esperienza mi illumina anche il mio camino quaresimale di 40 giorni. Pur non essendo nella corsa, uno si stanca, dimentica la direzione, si sperde, e disorientato cerca il senso e la direzione per riprendere. La rutina quotidiana ha una forza di vincere qualsiasi buon proposito, l’ispirazione al bene. Pure la perseveranza nel bene e nel servizio ai fratelli ogni tanto ne riceve puni dalla quotidianità. Infatti, fa un servizio al risvegliare lo spirito dentro di noi.
Le letture della 5° domenica si possono meglio capire dalla prospettiva di uno che sta giù, che è stancato, che si esasperato, che si sente come morto. Le esperienze oppure le situazioni più dolorosi, più difficile spesso possono diventare un punto fisso da cui si può alzare, risorgere e camminare e, volendo anche correre verso nella direzione già conosciuta.
Prima lettura (Ez 37,12-14)
Per capire la prima lettura basta diventare come morti. Perché il messaggio illuminante verso Israele è che il Signore gli farà tutti uscire dalle loro tombe. Non loro, ma Dio cambierà la loro situazione d’impurità e di morte.
L’agire salvifico di Dio è un presupposto perché il suo spirito possa vivificare i morti. Il credere nell’aiuto unico di Dio comporta la conoscenza di questo Dio. Se non credi, non lo conoscerai.
Salmo 130
Il salmo De profundis è da una parte un ricordo di un grido con successo. Il salmista gridò non dalla vale fisica, ma dalle profondità della sua miseria. Infatti, poi confessa, se il Signore dovesse considerare le colpe, nessuno resisterebbe. Questo salmo è un vero canto di ascesa.
Il salmista canta il perdono ottenuto dal suo Dio. La parola slicha é usata solo qui in tutta la Bibbia (v. 4; nell’ebraico moderno significa „scusa“, „perdono“). Il perdono di Dio fa risorgere da una valle da cui nessuno esce da solo. Il salmista aggiunge che il perdono di Dio dovrebbe far crescere in noi il timore: “Ma con te è il perdono: così avremmo il tuo timore”.
Allora anche il salmo illustra che dalla situazione senza uscita si esce solamente con l’intervento personale di Dio. Questa esperienza non comporta conoscenza di Dio, ma la reverenza.
Seconda lettura (Rom 8,8-11)
Il passo breve dalla Lettera ai Romani affascina con la saldezza di un’affermazione. Lo spirito di Cristo che è in noi ha vinto il dominio della carne. Dice Paolo che la nostro carne è morto per il peccato, ma lo Spirito è la via per la giustizia. Anche qui mi pare che sia possibile capire, che la forza o meglio la carezza divina, riesce vincere ogni tipo di morte e cambia la vita di quelli che appartengono a Cristo, a una vita non di sola conoscenza e del timore di Dio, ma anche alla vita, che diventa a sua volta segno di rinascita di tutto ciò con cui il cristiano si mette in contatto.
La morte potrebbe quasi far parte della nostra vita, cioè non acconsentire alle suggestioni di qualsiasi tipo di male, vuol dire ricordare alla “mortificazione” in prospettiva di vita.
Il vangelo (Gv 11,1-45)
La pagina del vangelo ci lascia presi del fascino non piccolo. Il racconto splendido pure la nuova traduzione CEI nomina Risurrezione di Lazzaro. È l’ultimo segno che fece Gesù nella vita pubblica, prima della sua ora. È il più lungo segno, 45 vv., come lo descrive Gv. Senz’altro lo è il segno più significativo di tutti precedenti. Senz’altro ha molti legami con la risurrezione di Gesù con i discepoli che cercano Gesù dopo la risurrezione e cosi via.
Vorrei soffermarmi solo su alcuni momenti del racconto. Mi soffermerei sulla dinamica della relazione del discepolo con Gesù, nel momento quando lì viene annunciato la notizia dell’amico malato.
Lazzaro l’amico di Gesù, è ammalato e le sorelle di Lazzaro chiamano Gesù perché venisse. Nella seconda scena Gesù svela ai suoi discepoli una brutta notizia. “Lazzaro non guarirà, anzi morirà”. Aggiunse che questo sarà per la gloria di Dio. Però non svelò, che lo andava a trovare. Anzi, pur avendo amato tutta la famiglia non se ne andò. I discepoli non lo trovarono strano. La ragione si svela subito – avevano più paura, perché poco tempo fa, lì in Giudea lo volevano lapidare. Mentre il lettore vede quale rapporto sta fra Gesù e la famiglia di Lazzaro, i discepoli impauriti pensano più a Gesù che a Lazzaro.
Gesù, come se non sentisse le parole dei discepoli e dice “Lazzaro, il nostro amico, s’è addormentato; ma io vado a svegliarlo”. Ovviamente, che per i discepoli è chiaro, che se il malato si addormenta, guarisce. Tanto di più non bisogna andare a trovarlo. Di nuovo non avendo capito il suo discorso metaforico, Gesù chiarisce il suo progetto. “Bisogna che io ci vada. Lazzaro è morto.” Ma stranissimo, Gesù dice che è contento. Non lo è però per la morte dell’amico, ma perché per i suoi discepoli potrà dare un’ulteriore segno perché loro credano. La morte potrà essere un segno di vita.
Mi piace la frase che dice Tommaso. È piena di fervore e di passione per i suggerimenti di Gesù. Ma mi piace un po’ anche perché non la capisco bene. Cioè “Andiamo anche noi a morire con lui!” Vuole morire con Lazzaro e così diventare una occasione per Gesù a fare un segno? Oppure vuole morire con Gesù, che è in pericolo di morte e così diventa molto solidale con il maestro?
Di Tommaso, come uno che non si spaventa, mi piace più a vederlo pronto di morire con Gesù. Tommaso avrà coraggio di controllare i segni della morte sul corpo di Gesù risorto. Ma mi piace la proposta di Tommaso, perché stasera mi va bene con il mio tema dalla morte che svela la vita. Cioè, Tommaso è un po’ lento a capire, che veramente la morte non avrà ultima parola. Diventa un simbolo di ognuno che da discepolo di Gesù non sempre intravede come uscire dalle difficoltà, dai cerchi chiusi, dalle catene della quotidianità.
Tommaso come un simbolo dei giorni vicini della morte di Gesù, potrà diventare un aiutante per questi giorni a riprendere il cammino, la corsa. Potrebbe essere un richiamo di avere il coraggio di affrontare le difficoltà e un esempio di fiducia di andare avanti con Gesù. Perché come la risurrezione di Lazzaro era un segno per creder in Gesù, per alcuni dei Giudei, così il simbolo di Tommaso coraggioso e solidale con Gesù, può essere per noi un segno di riprendere la quotidianità, le situazioni non chiare o magari dolorose, con le parole del discepolo “Andiamo anche noi, moriamo con lui”…